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Gli effetti del vento sull'impiego del biciclo

 

Le manovre a terra

Nella tabella dei pro- e contro, abbiamo visto che un elemento a sfavore del biciclo è la pesante soggezione verso l'azione del vento a terra. Al problema della visibilità in rullaggio ed alle difficoltà che si incontrano cercando di manovrare a terra con il vento al traverso, bisogna aggiungerne un altro – il rischio di appoggiare a terra la punta di un'ala. Questo problema colpisce principalmente gli aerei leggeri: in casi estremi è successo che un velivolo sia stato ribaltato durante un rullaggio con vento al traverso, laddove mani amiche sarebbero state necessarie per controllare le punte delle ali. I bicicli sono più vulnerabili dei tricicli, sebbene anche per questi siano previsti limiti di vento per le manovre a terra. Questo accade poiché i bicicli, quando hanno la coda abbassata, hanno sempre un angolo d'attacco maggiore dei tricicli. A seconda della direzione e costanza, un vento di 30 Km/h può facilmente sollevare un'ala o la coda di un biciclo ultraleggero. Per evitare di prendere una ventata tale da mettere il mezzo sulla punta del suo naso, è importante che i velivoli vengano sempre parcheggiati nell'asse del vento, indifferentemente verso il muso o verso la coda. Nel secondo caso bisognerà legare la barra tutta indietro, magari utilizzando le cinture di sicurezza, per alzare gli elevatori per aiutare a mantenere la coda a terra. Se il vento è forte, il velivolo dovrà ovviamente essere ancorato. Mai parcheggiare un biciclo non ancorato con un vento al traverso, di qualsiasi forza esso sia! Questo ci porta all'ultima parte del capitolo.

L'atterraggio del biciclo con il vento al traverso

A causa dell'elevata incidenza che il biciclo ha nell'assetto sui tre punti e del conseguente rischio di sollevamento incontrollato di un ala in certe condizioni (spiegate nella sezione precedente), è ovvio che con il vento al traverso l'atterraggio "arrotato" sul carrello principale sia da preferirsi al contatto sui tre punti.

Tutti i preliminari spiegati nel Capitolo 4 valgono anche per l'esecuzione di un atterraggio con il vento al traverso su un mezzo biciclo, potendosi utilizzare sia il metodo dell'ala bassa che quello del "granchio". D'ogni modo, a meno di essere molto esperti nell'impiego del biciclo, l'atterraggio sui tre punti può risultare di difficile esecuzione con un vento al traverso poco più che modesto, con un notevole rischio di toccare la pista con la punta di un'ala. Inoltre è abbastanza facile che la coda si alzi tanto da far toccare l'elica al suolo.

Indipendentemente dal tipo di approccio (ala bassa o "granchio"), in condizioni di forte vento al traverso, deve essere sempre eseguito un atterraggio "arrotato". Dopo il contatto bisogna ricordare di eseguire le seguenti procedure:

1) Mantenere le ruote principali ben a contatto con il terreno con un po' di barra a picchiare.

2) Appoggiare la barra verso il vento, per evitare il sollevamento dell'ala sopravvento. L'alettone di quest'ala deve essere tenuto sollevato durante tutto l'atterraggio ed il rullaggio con il vento al traverso.

3) Quando l'aereo decelera, vi sarà una marcata tendenza a sbandare verso il vento. Questo deve essere prevenuto a tutti i costi: una sbandata in queste condizioni può facilmente evolvere ad un testa-coda incontrollato. Usare con giudizio pedaliera e freni per compensare la sbandata. Alla mala parata, una smanettata può contribuire al recupero, aumentando l'efficacia del timone.

A questo punto qualcuno si sarà fatto l'idea che volare un biciclo sia un po' come attaccare un manifesto con un braccio solo! D'ogni modo, c'è stato un tempo in cui tutti gli aerei erano bicicli e gli anni di guerra indussero il più grande, e probabilmente irripetibile, sforzo addestrativo al pilotaggio. Gli americani si addestravano sugli Stearman, i Cornell, i BT13 e gli AT6, gli inglesi, i canadesi, gli australiani, i sud-africani ed i neo-zelandesi volavano i Tiger Moth (ne furono costruiti 9.000), mentre i tedeschi usavano i biplani Bucker Jungmann. Tutti questi aerei avevano una configurazione a biciclo, ciononostante i cadetti volavano da solisti dopo 7-12 ore di doppio comando.

Se ho volutamente sottolineato i rischi dei bicicli è perché troppi piloti della domenica si avvicinano spesso a questi mezzi con faciloneria, senza alcuna preparazione specifica. Il risultato? Troppo spesso un testa-coda con relativi seri danni, magari ad un velivolo di interesse storico. Volare un biciclo è tanto differente da un triciclo almeno quanto un bimotore lo è da un monomotore, un idrovolante da un mezzo terrestre od ancora un jet da un aereo con motore a pistoni. Pertanto, prima di saltare su un Kitfox, uno Storm od anche un vecchio Piper Cub, imponetevi un serio passaggio-macchina sui bicicli.