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Volare il finale

 

Un tempo dormivamo tutti sonni tranquilli, sicuri del fatto che in finale si controlli la velocità con l'elevatore e l'angolo di planata con la manetta. Non è così? Una legge fondamentale dell'aerodinamica recita che, per un certo peso, ogni velocità è correlata ad un particolare angolo d'incidenza. Un'altra legge ci insegnava che il rateo di salita era determinato dal surplus di potenza disponibile oltre a quello richiesto per il volo livellato alla migliore velocità di salita, che è ottenuta quando l'angolo d'attacco è tale da rendere ottimale il rapporto tra portanza e resistenza. Generazioni di piloti sono stati addestrati con queste convinzioni.

Poi sono arrivati i jet, con i loro sofisticati sistemi di pilota automatico, programmati per vedere le cose in un altro modo. Fra i piloti formatisi in questo ambiente di "potenze elevate", molti potrebbero affermare che la potenza regola la velocità e l'elevatore la variazione di quota. In un jet ci sono i presupposti per pensarla così, perché quando si aziona la manetta, la spinta viene erogata direttamente, mentre nei motori a pistoni, la manetta regola primariamente la potenza e solo secondariamente la spinta. In un avvicinamento ILS è pertanto più conveniente seguire il sentiero correggendo dolcemente con l'elevatore. Ovviamente, quando le escursioni dalla linea ideale sono cospicue è necessario agire anche sulla manetta, poiché l'elevatore non è più sufficiente. Dunque le azioni della manetta e dell'elevatore devono essere coordinate per mantenere il sentiero. La situazione è stata affrontata anche dal punto di vista "accademico" con la pubblicazione "Il concetto dell'energia totale". Io non sono fondamentalmente in disaccordo con queste posizioni, che considero interessanti spunti di discussione per piloti preparati. D'ogni modo, questo nostro lavoro si basa sul presupposto che l'elevatore controlli la velocità e la manetta il rateo di discesa: Ci sono tre ragioni per questo: il ragionamento "fila", si uniforma ai principi generali del volo e la maggioranza delle autorità in materia di addestramento convengono con questa interpretazione.

Ad essere pignoli, il finale dovrebbe essere suddiviso in due parti:

1) la fase iniziale;

2) il corto finale.

Inizialmente, lo scopo del pilota è quello di allinearsi con la pista e seguire il sentiero di planata (anche se la maggioranza degli atterraggi non hanno oggi più molto a che vedere con le planate). Negli ultimi anni si è ingenerata qualche confusione sull'uso dei flaps, pertanto è utile trattare questa situazione in un paragrafo a parte.

Uso dei flaps in finale

Sebbene le caratteristiche dei flaps possano variare moltissimo da mezzo a mezzo, come lo stesso profilo dell'ala, in generale producono gli stessi risultati:

- I primi 15°, fino a 25°, conferiscono un aumento di portanza (e pertanto una riduzione della velocità di stallo) insieme ad un modesto incremento della resistenza;

- L'ulteriore deflessione porta ad un ulteriore piccolo aumento di portanza (e pertanto ancora un pochino di riduzione della velocità di stallo), ma la resistenza aumenta, considerevolmente con alcuni tipi di flaps, meno con altri. Un tipico esempio è illustrato nella Figura 8 .

La vecchia versione di un addestratore di largo impiego aveva dei flaps simili ai portoni di una stalla che, quando venivano estratti completamente, davano al pilota l'impressione di essersi infilato in un covone di fieno. Insieme agli indubbi vantaggi, necessitavano di regolazioni di trim tali che, in caso di riattaccata, richiedevano la forza di un lottatore. Per questa ragione gli istruttori presero l'abitudine di non fare deflettere i flaps oltre i 25°. Ciò avrebbe dovuto essere limitato a quel particolare aereo usato in addestramento, invece l'abitudine andò diffondendosi, tant'è che oggi c'è un intera generazione di piloti riluttante ad estendere completamente i flaps, per qualsivoglia atterraggio in qualsiasi condizione.

Eccetto che nei casi di forte vento al traverso, ben raramente vedrete un velivolo commerciale atterrare con i flaps non completamente estesi, e vi sono molte ragioni per questo. Primo, c'è maggior controllo sull'angolo di avvicinamento quando si deve dare potenza per contrastare l'aumento di resistenza indotta dai flaps tutti-fuori. La potenza può essere dosata per scegliere tra un sentiero "piatto" ed uno "ripido", quasi senza motore, solo quando i flaps sono completamente estesi. Secondo, la velocità di stallo è la più bassa possibile. In ultimo, con i flaps, si realizza la migliore fase di transizione tra aria e suolo, seguita da una buona decelerazione dopo il contatto.

Quindi, se non c'è vento al traverso e la bufera non sta soffiandovi incontro, durante una manovra normale, estraete completamente i flaps quando siete stabilizzati in finale e concentratevi nel mantenere una velocità ed un angolo di discesa costanti.

Scendere lungo il sentiero

I due fattori che influenzano l'approccio sono in questa fase: (1) la visibilità e (2) la velocità del vento.

Il fattore (1) è di pertinenza di un trattato sul volo strumentale, e non se ne parlerà oltre, a parte far notare quanto fastidio può dare un sole basso sull'orizzonte dall'altra parte della pista! Non c'è molto da fare, a parte un uso giudizioso degli occhiali scuri, bisogna inoltre evitare di fissare direttamente il disco solare. Guardate quindi da un lato e ricordate che durante l'atterraggio lo sguardo viene rivolto verso terra e lontano dal sole.

Il fattore (2) può certamente alterare la vostra velocità rispetto al suolo e pertanto la pendenza del sentiero per qualsiasi livello di potenza. Questo è spiegato dalla Figura 9 , e per quanto semplice possa sembrare, ne parlo qui solo per giustificare il fatto di aver bisogno di più potenza in atterraggio in certi giorni che in altri.. In condizioni di vento contrario è necessario dare potenza, a meno che vogliate fermarvi per strada a salutare il contadino!

A questo punto bisogna scegliere la zona di atterraggio. Molti piloti, spesso proprio per la resistenza ad estrarre completamente i flaps, toccano terra dopo un terzo, se non dopo metà pista. Questo è un errore in qualsiasi caso: su una pista corta può voler dire toccare troppo avanti, sfondare la staccionata, saltare sulla strada ed incorrere anche in una multa per guida pericolosa!

La zona di contatto ideale è quella che negli aeroporti seri si trova subito dopo i numeri della direzione della pista (ovvero 30-40 m dopo la soglia). Per arrivare a questo, la richiamata deve essere eseguita mentre la soglia sfila sotto l'aereo. Ovviamente, se si deve piazzare la macchina con tanta precisione (e non c'è ragione perché non debba essere così), il finale dovrà essere volato con molta accuratezza. Tutto viene fatto mettendo in relazione la situazione in corso con quanto si osserva dal parabrezza. Osservate la Figura 10a e notate la posizione della soglia pista rispetto alla cornice del cruscotto.

Si dovrà cercare di mantenere invariata per tutto il finale, rispetto al parabrezza, sia la posizione della soglia, sia l'aspetto della pista (né troppo lunga ed "in piedi", né troppo corta e "piatta"). Ovviamente la pista diventerà sempre più grande man mano che ci si avvicina, fino a riempire quasi tutto il parabrezza, ma null'altro dovrà cambiare.

Guardate la Figura 10b . La soglia si è spostata in alto sul parabrezza e la pista si è appiattita, dando quindi un inequivocabile avvertimento che l'aeroplano sta arrivando corto.

Rimedio: dare potenza e mantenere la velocità con l'elevatore.

Quando si è ristabilito un quadro accettabile, sarà necessario ridurre leggermente la manetta, altrimenti si svilupperà una situazione simile a quella della Figura 10c . Qui la soglia è scivolata verso il basso del parabrezza e la pista sembra alzarsi "in piedi", avvertendo il pilota che sta arrivando lungo.

Rimedio: ridurre potenza e mantenere la velocità con l'elevatore.

Quando ricompare un quadro accettabile, ridare un po' di manetta per evitare di cadere nella situazione della Figura 10b .

Un accurato controllo dell'angolo di avvicinamento è un fattore importantissimo: se l'immagine sul parabrezza si modifica, non aspettate che la situazione degeneri, datevi da fare con quanto avete a disposizione per riportare la soglia e la visione della pista nelle corrette condizioni. Molti cattivi atterraggi si originano in questa fase della cerimonia più che in qualunque altra.

Mantenere una velocità costante

Un altro difetto, comune anche fra piloti esperti e che contribuisce a cattivi atterraggi, è una velocità d'avvicinamento non regolare. La velocità d'approccio raccomandata è riportata sul manuale dell'aereo. Nei mezzi semplici viene di solito consigliata una velocità per l'avvicinamento iniziale ed, in alcuni casi, una seconda velocità per il corto finale. In questi aerei il peso in atterraggio non può variare di molto, ma quando si parla di grossi turboelica, jet e soprattutto aerei di linea, il manuale fornirà una serie di velocità relative alle varie condizioni di peso. Di questo non c'è da stupirsi, se si considera che al termine di una tratta da 7000 Km un DC10 è ben 66 tonnellate più leggero di quanto fosse al decollo; il carburante in questi aerei rappresenta la maggior parte del peso totale.

Non c'è ovviamente alcuna ragione per non volare l'avvicinamento iniziale ad una velocità maggiore, sempre che si rimanga nell'arco bianco, ovvero al di sotto della velocità massima ammissibile con i flaps estesi. In un circuito affollato, mantenere una velocità maggiore può aiutare a non infastidire eventuali aerei veloci al seguito. Ma per lo scopo di questa spiegazione, facciamo conto di avere una bella giornata limpida, un vento di 15 Km/h che ci viene incontro dalla pista ed un circuito poco trafficato. Avete esteso completamente i flaps e piazzato l'aereo in modo che dal parabrezza si vede un'immagine simile a quella della Figura 10a .

Velocità troppo alta

Il manuale dell'aeroplano raccomanda 90 Km/h per l'approccio iniziale, ma una veloce occhiata all'anemometro fa leggere 100 Km/h. Se tirate su il muso e lasciate la manetta dov'è, ben presto si realizzerà la situazione della Figura 10c , quindi cosa bisogna fare?

Rimedio: Ridurre leggermente la potenza, tirare su il muso, mantenere 90 Km/h e controllare la posizione della soglia e l'aspetto della pista come dalla Figura 10a .

Velocità troppo bassa

Guardate l'anemometro aspettandovi di leggere 90 Km/h sul quadrante, ma vi trovate ad essere 10 Km/h più lenti. Per guadagnare velocità, il muso deve essere abbassato, ma questa azione intrapresa isolatamente porterebbe ad arrivare "corto", come illustrato dalla Figura 10b .

Rimedio: Aumentare leggermente la potenza, abbassare il muso e riguadagnare i 90 Km/h, controllare soglia e pista come al solito.

Ora appare chiaro quanto il sentiero e le correzioni di velocità siano strettamente correlate, poiché l'una può influenzare l'altra: la potenza e l'assetto devono essere quindi armonicamente coordinati fra loro. L'approccio iniziale deve porre l'aereo in una situazione ideale per il successivo corto finale e l'atterraggio. Troppo spesso mi accade di volare con piloti da 1000 e più ore che pasticciano il finale e, come risultato, "arrivano" piuttosto che atterrare. Costoro non hanno mai avuto totalmente chiaro quale cosa influenzi quell'altra, come la situazione debba apparire dal parabrezza o che cosa si debba fare quando il quadro tende a cambiare.

Eccovi alcuni buoni consigli per volare dei finali rilassanti:

Cose da fare:

1) Usate i flaps. Essi sono parte della macchina, pensati dal progettista per ottimi motivi.

2) Allineatevi con il centro della pista. Vicini al margine non va bene, poiché durante il contatto avrete bisogno di pista sia a destra che a sinistra, cosicché se scoppia un pneumatico, o si sbanda, c'è una via di scampo alternativa ad impantanarsi nel campo a lato della pista.

3) Mantenete le ali livellate, per conservare l'allineamento con l'asse pista.

Cose da non fare:

1) Non abbondare con le variazioni di potenza ed assetto. Tutte le correzioni devono essere limitate. Evitate di passare da una "crisi" all'altra, non è proprio il caso.

2) Non lasciare che si sviluppi una situazione negativa. Se la soglia pista si sposta in alto od in basso sul parabrezza, bisogna passare all'azione. Non appena la situazione si modifica, prendete degli immediati, ma graduali provvedimenti per evitare di arrivare troppo corti o lunghi.

3) Non "inseguire" la velocità corretta. Ricordate che il vostro gioiellino, come ogni altro veicolo, subisce l'inerzia e ci vogliono alcuni secondi prima che la velocità si modifichi. Pertanto impostate l'assetto e date all'uccellino il tempo di stabilizzarsi alla nuova velocità.

4) Non simulare un "attacco a bassa quota" sulla pista, per cui l'aeroplano, magari influenzato dal forte vento o da una potenza insufficiente per le condizioni in atto, si venga a trovare troppo basso, troppo cabrato e troppo lontano dalla soglia. Ci sarà bisogno di molta potenza per arrivare in pista, ma, più importante, la visibilità in avanti risulterà notevolmente ridotta, con il rischio di urtare un ostacolo per strada.

Dopo aver posizionato l'aereo alla velocità corretta, lungo l'asse pista e sul sentiero di discesa, non resta che mantenere la situazione fino a circa 500 m dalla soglia, da dove inizia il corto finale.

Il corto finale

Durante l'addestramento, gli istruttori impongono all'allievo una velocità, che viene mantenuta dall'inizio dell'avvicinamento fino alla soglia pista. E' comunque una pratica comune, specie con aerei ad alte prestazioni, eseguire il corto finale ad una velocità inferiore. Negli Stati Uniti questa viene definita "velocità di riferimento" (Vref, velocità di stallo x 1,3), ma in molte altre nazioni viene definita "velocità di soglia" (Vat). E' buona abitudine insegnare oggi quel che potrebbe tornar utile domani, quando l'allievo si dovesse trovare a pilotare mezzi più performanti. Ad esempio, il manuale di volo dell'ICP Savannah prescrive una velocità d'avvicinamento iniziale di circa 90 Km/h ed una velocità in corto finale di 75 Km/h (con 2 tacche di flaps). Ovviamente non sarà la fine del mondo se manterrete, diciamo 85 Km/h fino alla pista. La cosa peggiore è che ci saranno 10 Km/h in più da smaltire durante l'atterraggio.

Per gli scopi di questo capitolo, immaginiamo che, avendo eseguito l'avvicinamento iniziale a 90 Km/h, il manuale raccomandi appunto 75 Km/h per la fase a seguire. Già il solo tentativo di smaltire quei 15 Km/h vi può portare fuori dal sentiero, pertanto questa è la procedura che deve essere adottata affrontando il corto finale:

1) Considerando una modesta turbolenza (se ne parlerà più avanti) controllate di essere allineati ed in una situazione compatibile con la Figura 10a .

2) Riducete gradualmente la potenza, sollevate un po' il muso e lasciate che la velocità si porti al valore desiderato.

3) Regolate la manetta per mantenervi sul sentiero, con la soglia pista stabile in relazione al parabrezza e giocate leggermente di elevatore per mantenere costanti i 75 Km/h.

Molti piloti hanno l'abitudine di entrare in corto finale con solo mezzi flaps, tenendo alto il muso per ridurre la velocità, una sequenza di azioni che porta inesorabilmente al di sopra il sentiero (Figura 11 ).

Quando, per qualsiasi ragione, i flaps non vengono completamente estratti, è particolarmente importante ridurre leggermente la potenza prima di sollevare il muso per ridurre la velocità in corto finale.

Fattori che influenzano l'avvicinamento ed il finale

Verranno di seguito elencate alcune delle variabili che possono influenzare l'aereo durante questa fase del volo. Alcune influiscono sull'avvicinamento, od almeno la sua parte finale, mentre altre influiscono sulla lunghezza di pista necessaria per atterrare.

Altitudine di densità

A differenza del decollo, durante il quale le prestazioni del motore esercitano una profonda influenza sulla distanza necessaria a superare l'immancabile (anche se solo virtuale) ostacolo dei 15 m., l'altitudine dell'aeroporto e le condizioni ambientali assumono minore importanza durante l'atterraggio. Nel caso della maggioranza degli aerei leggeri, un incremento di temperatura di 10 °C porta ad un allungamento della corsa di atterraggio di solo una decina di metri.

Per quanto riguarda l'altezza della pista, per un aereo leggero si può stimare un incremento di 6-8 metri ogni 300 metri di altezza in più. Si tratta di entità irrilevanti e si può quindi stimare un aumento del 2,5% ogni 300 m e lo stesso 2,5% ogni 10 °C.

Peso dell'aereo

In un addestratore biposto il peso non può variare di molto, ma più l'aereo diventa grande e sofisticato (turboelica o jet), maggiormente il peso influenza l'atterraggio. Le cose vanno così: maggior peso = maggiore velocità di stallo = avvicinamento più veloce; avvicinamento più veloce = maggiore velocità di contatto = maggiore energia da smaltire = corsa di atterraggio più lunga. Per fare un esempio, su di un Piper Turbo Seminole al peso di 1.135 Kg, l'avvicinamento si esegue a circa 100 Km/h, mentre a 1.590 Kg sono prescritti 115 Km/h. Considerando una pista a livello del mare ed in assenza di vento, questa differenza nella velocità d'approccio porta ad un aumento della corsa d'atterraggio di circa 30 m. Per un grande aereo di linea, che può pesare 66 tonnellate di meno all'atterraggio che al decollo, la corsa di atterraggio può variare anche nell'ordine dei 300 m, a seconda del peso. Le distanze d'atterraggio alle varie velocità sino indicate sui manuali di volo degli aerei certificati.

Velocità del vento durante l'avvicinamento

Per ogni regolazione di potenza, più forte è il vento, più il sentiero d'avvicinamento risulterà ripido. Ovviamente la componente del vento influenzerà la velocità al suolo durante il finale, ma spesso non ci si rende conto che se il vento è costante, la velocità di discesa non sarà alterata, La Figura 12 confronta i sentieri di un aereo che scende a 100 Km/h in assenza di vento, con 20, 35 e 50 Km/h di vento. La potenza è invariata nei tre casi, tale da produrre un rateo di discesa di 2 m/sec. Il diagramma mostra l'effetto del vento sulla distanza percorsa da una altezza di 120 m fino a terra, unitamente all'angolo di discesa che ne risulta.

In sintesi, dalla Figura 12 si deduce che, per ottenere un sentiero soddisfacente, bisogna dare potenza proporzionalmente alla forza del vento.

Velocità del vento durante l'atterraggio.

Questo argomento verrà trattato approfonditamente più avanti nel capitolo. A questo punto, il pilota dovrebbe aver ben chiaro che, in assenza di vento, gli succederà di "galleggiare" per una certa distanza prima di toccare terra ad una velocità al suolo discretamente elevata. Il vento ha l'effetto di ridurre questa fase di "galleggiamento" e la corsa a terra. Se è necessario atterrare con il vento in coda (una situazione da evitare il più possibile), la corsa d'atterraggio aumenterà, e si parla di un 20% di corsa in più ogni 10% di incremento della velocità al suolo. Ovviamente, molto dipende dal tipo di aereo, dall'efficacia dei freni e, non ultima, dalla bravura del pilota.

Raffiche di vento e turbolenza

Un vento frontale costante costituisce una circostanza favorevole in atterraggio, in quanto riduce la velocità al contatto e la corsa a terra,. Per contro, un vento a raffiche può essere sgradevole e costituire una fonte di distrazione per il pilota poco esperto e talora, in situazioni particolarmente brutte, anche costituire un rischio.

La turbolenza è il risultato dell'attività termica, dovuta al disomogeneo riscaldamento del terreno durante una giornata soleggiata, oppure di vortici creati da alberi, asperità del terreno od edifici nelle vicinanze del sentiero di discesa. Le raffiche più violente sono associate con i temporali e le linee di groppo, ma i piloti poco esperti non dovrebbero volare in queste condizioni. Oltre a causare i consueti dondolamenti e sbandate, le raffiche, che possono interessare l'aereo anche da direzioni diverse rispetto al vento principale, possono avere i seguenti effetti:

1) Un improvviso aumento della velocità.

2) Un'improvvisa riduzione della velocità.

3) Un'improvvisa variazione dell'angolo d'attacco.

Mentre nel primo caso si manifesterà un proporzionale aumento della portanza, con relativa diminuzione del tasso di discesa (se non addirittura un piccolo guadagno di quota), una brusca diminuzione della velocità, seguita da un imprevisto affondamento in vicinanza del suolo, può risultare pericolosa. Pertanto, incontrando condizioni burrascose, è buona norma aumentare la velocità d'approccio, diciamo, di un 10% ed in condizioni estreme usare solo mezzi flaps.

Gradiente di vento

Questo fattore è lievemente diverso dall'effetto delle raffiche e non è causato da vortici. Il gradiente di vento (universalmente conosciuto come "wind shear") è causato dall'effetto frenante esercitato dalle irregolarità del terreno sugli strati più bassi della massa d'aria in movimento. Entro certi limiti, il gradiente di vento è un fenomeno sempre presente, eccetto che nella calma piatta, ma in certi casi può essere avvertito in modo più pronunciato durante le fasi finali dell'avvicinamento, in prossimità del suolo. La Figura 13 mostra come, entrando negli strati inferiori e più lenti della massa d'aria, un'improvvisa riduzione della velocità del vento possa portare al rischio di una rapida affondata.

Quando ci si avvicina ad un campo dove si sa che simili condizioni si presentano di frequente, state attenti, specie se il vento è forte. Volate l'avvicinamento ad una velocità del 10% superiore al solito ed al primo accenno ad un incremento del rateo di discesa, date manetta per contrastarlo.

A questo punto, come risultato di un buon lavoro, l'aereo è allineato con l'asse pista, non c'è scarroccio, le ali sono livellate e siete arrivati alla soglia pista alla velocità corretta, in questo caso 75 Km/h. La prossima fase sta per cominciare.