AVIAZIONE LEGGERA ON LINE - IL GRANDE SITO DELL'AVIAZIONE SPORTIVA ITALIANA |
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Il sogno di volare e la passione per gli aerei li ho da sempre. Cominciai a
farlo sul serio a diciotto anni. iscrivendomi ad un corso di pilotaggio di
ultraleggeri a motore. Ma volare non mi bastava: volevo anche costruirmi con le
mie mani il mio velivolo. e non soltanto per ragioni economiche. E' vero che la
costruzione amatoriale permette grossi risparmi, ma credo sia altrettanto
importante per una formazione davvero completa di un pilota. Sapere
com'è fatto davvero un aereo e come dev'essere mantenuto in efficienza
rappresenta un patrimonio inestimabile, che si traduce anche in maggior
sicurezza. Ma procediamo con ordine.
Nel 1986, avevo allora 21 anni, acquistai dall'ing. Bagalini i piani del
"Colombo" un ultraleggero biposto di costruzione quasi interamente lignea. Mi
piaceva la filosofia stessa con cui era stato progettato: un vero ULM (solo 150
kg. a vuoto) fatto per volare lentamente, con poca potenza, decollando e
atterrando da campetti cortissimi, quella che secondo me è la vera
essenza del nostro Sport. Mi piaceva anche la praticità dello
smontaggio, che ne permette il ricovero in qualsiasi garage, e la sua grande
ala dal profilo spesso ed efficiente. Da non sottovalutare, poi, il vantaggio
rappresentato dalla vicinanza fisica del progettista: abito in provincia di
Milano, non lontano da casa Bagalini, dunque. Per quanto riguarda la
costruzione in legno, ho potuto contare sull'aiuto di un amico falegname
Gilberto Bezzo, anche lui pilota ULM esperto e ben attrezzato (soprattutto con
una bella scorta di morsetti... non avete idea di quanti ne servano...). La
costruzione comincia in auto, girando per reperire i materiali necessari
(Bagalini fornisce coi piani una lista di fornitori consigliati). Per il
Colombo servono essenzialmente compensato di betulla e listelli di tiglio.
Quest'ultimo va selezionato con cura e dev'essere ben stagionato, se non si
vogliono poi sorprese, sia sotto forma di peso maggiorato che di svergolamenti.
ln effetti, si può dire che il legno può essere lavorato senza
nessuna esperienza, ma di esperienza ne richiede per la selezione. Un altro
punto per l'amico Gilberto. Ancora una cosa a proposito del tiglio:
piace moltissimo ai tarli, per cui è essenziale trattarlo con prodotti
adeguati. Tradizionalmente, le costruzioni amatoriali cominciano con le centine
(anche se si potrebbe iniziare dar qualsiasi altra parte), che si fanno su un
semplice scaletto. La colla impiegata é la UHU Plus, epossidica a due
componenti, con 24 ore di essiccazione. Il tempo di essiccazione implica che,
con uno scalo, non si può fare più di una centina al giorno. Le
centine, piccole e maneggevoli, mi diedero modo di prendere confidenza, e
passare con più tranquillità al longherone scatolato, uno dei
maggiori consumatori di morsetti che si possano immaginare. Il longherone,
considerate la rastremazione e lo svergolamento, non è poi così
difficile. Mi ha fatto un po' più soffrire il rivestimento del bordo
d'attacco, in compensato molto sottile. Questo forma un elemento scatolato a
"D" con il longherone stesso ed è un elemento strutturale molto
importante. Il problema fondamentale è che si tratta di un tipico lavoro
che richiede almeno tre mani. Un aiuto è quindi indispensabile e
Gilberto si è fatto valere anche in questo frangente.
L'ultima fase
è, ovviamente, l'intelaggio, che molti considerano con timore. In
realtà non è difficile, se si procede con metodo, programmando le
cose in anticipo. Vorrei sottolineare che, prima della chiusura dell'ala, l'ho
fatta ispezionare dall'ing. Bagalini in persona. Anche senza il RAI che
sorveglia, è bene essere prudenti e non montarsi la testa. Per motivi di
spazio, ho realizzato prima una semiala, poi la seconda, infine la fusoliera.
Prima di cominciarla davvero, ci si è messo di mezzo il servizio
militare. Per lo meno, ho potuto utilizzare le licenze per realizzare tutte le
parti metalliche (mensole, cerniere, montanti, rinvii, ecc.). Una volta
congedato, ho potuto riprendere alla grande, con le fiancate (simmetriche)
della fusoliera. E' quando si mette insieme la fusoliera che l'aereo comincia a
prendere una forma riconoscibile. In questa fase, come tutti i costruttori
sanno, il lavoro si rallenta, per il tempo che si perde seduti nell'abitacolo,
un po' a sognare, un po' a sistemare le cose secondo le proprie misure.
Naturalmente, durante la costruzione non sono mancati i momenti di stanchezza,
o addirittura di sconforto. In questi casi, un amico che ti dà una
parola d'incoraggiamento, ha un valore davvero inestimabile. Così come
la visita occasionale del progettista. Bagalini è venuto più
volte a veder crescere un altro dei suoi ULM, spesso dandomi preziosissimi
consigli. Vedere l'aereo ormai completo, alla fine, dà una grandissima
carica. Gli ultimi tempi, passavo praticamente notte e giorno in laboratorio,
anche se il lavoro di dettaglio - impianti, finiture - prende molto più
tempo di quanto si pensi. L'ultima fatica è rappresentata dalla
verniciatura: un momento importante, perché da essa dipenderà
molto dell'aspetto esteriore della macchina. Bisogna lavorare con calma ed
evitare di farsi prendere la mano, soprattutto in macchine come il Colombo. E'
infatti assurdo lavorare tanto per mantenere il peso basso, per poi caricarsi
di chili su chili di vernice. Il centraggio finale, grazie alla straordinaria
leggerezza del Colombo, ho potuto farlo direttamente, in puro stile
modellistico, mettendo la macchina in bilico sul centro di
gravità di progetto. Empirico, ma funzionale (ed evita errori di
calcolo). L'ing. Bagalini mi ha assistito direttamente anche nella fase di
montaggio finale, e soprattutto ha condotto personalmente il volo inaugurale:
una bella dimostrazione di responsabilità e di fiducia nel mio lavoro.
Era il 22 marzo dell'89, e tutto andò per il meglio. Non so descrivere
quella giornata, anche se non la dimenticherò mai. Ricordo perfettamente
la tensione, prima del decollo, e l'immensa soddisfazione nel vedere la mia
creatura sollevarsi in aria con perfetta sicurezza. Piansi di gioia, sul serio.
Bilancio: 1.500 ore di lavoro e l'occasione di imparare a fare di tutto,
falegname, fabbro, tornitore, meccanico, tappezziere, elettricista, intelatore.
E soprattutto, il miglior modo d'imparare a conoscere davvero gli aeroplani, a
tenerli sempre efficienti, e a rispettarli.
I costruttori amatoriali si dividono in due categorie: quelli che si
scoraggiano e lasciano perdere, e quelli che arrivano in fondo alla
costruzione. E chi arriva a volare sul proprio velivolo, molto spesso fa il bis
(qualcuno non si ferma neppure al secondo, avanti, inserendo la costruzione nel
proprio ritmo di vita). Molto dipende dalla soddisfazione indescrivibile che
dà alzarsi da terra su qualcosa interamente costruito con le proprie
mani. Ma anche dal fatto puro e semplice che una buona metà del tempo
impiegato nella prima costruzione serve per impararne i segreti, e le cose, in
seguito, diventano molto più facili. Comunque sia, con Gilberto Bezzo
decidemmo di fare il bis. Stavolta, avremmo costruito contemporaneamente due
macchine uguali. Come progetto, scegliemmo il nuovo Bagaliante. lnnanzitutto,
perché eravamo contenti dell'assistenza di Bagalini, poi perché
il Bagaliante è una delle macchine più economiche che si possano
immaginare, infine perché è una costruzione un po' più
sofisticata di quella del Colombo, con una lunga ala rastremata, svergolata e
con profilo concavo-convesso. Molte delle cose che ho raccontato della
costruzione del Colombo si potrebbero ripetere per il Bagaliante, perciò
mi limiterò a citare le differenze principali. Gli alettoni non sono
sospesi sotto il bordo d'uscita, ma convenzionali. L'ala viene costruita
interamente come non avesse alettoni, e alla fine questi vengono tagliati via e
scatolati a parte. L'ala non è sospesa su una "cabane" in alluminio, ma
collegata direttamente al dorso della fusoliera, la cui parte posteriore,
però, è costituita da un trave tubolare metallico. L'ala ha, sul
ventre, un tratto concavo; in cui, per far aderire correttamente la tela,
occorre cucirla alle centine, una faccenda noiosa, ma non difficile.
Per ottenere il massimo di efficienza, ho prestato molta attenzione alla finitura superficiale. Non che abbia caricato la macchina di stucco, ma ho
cercato di rendere tutto il più possibile pulito, con una verniciatura
molto curata. Come motore, scelsi il Koinig 430 SC, un due tempi radiale a tre
cilindri, con elica in presa diretta, senza riduttore. Il Koinig dà 24
cavalli (più che abbondanti per il Bagaliante, progettato per il Rotax
277), pesa solo 16 kg. completo di marmitta e avviamento elettrico, è
molto silenzioso ed ha pochissime vibrazioni. Per quanto riguarda l'elica,
l'ing.Bagalini ne ha disegnata una appositamente, che poi mi sono costruito
(un'altra esperienza interessantissima). Il bilanciamento finale avrebbe
richiesto un minimo di zavorra in coda, ma ho preferito sostituirla con un
ruotino più grande: almeno il peso sarebbe servito a qualcosa. A giugno
del '92 il mio Bagaliante è finito. Bagalini mi dà l'okay dopo
l'ispezione finale, ma stavolta il primo volo lo farò io stesso. La
solita sequenza di rullaggi per saggiare i comandi e prendere confidenza con la
macchina, rullaggi sempre più veloci, seguiti da qualche saltello e
riatterraggio. Infine, il 21 giugno, il decollo vero e proprio. La potenza del
Konig si fa sentire: il Bagaliante stacca le ruote in pochissimi metri e sale
con un rateo impressionante: 5 metri al secondo. Vista la modesta
velocità, sembra di andar su in verticale. "Come un angelo con la
nostalgia di casa", dicono gli americani. Qualche giorno dopo, anche il mio
amico Gilberto ha portato in volo con uguale successo il suo Bagaliante.
Costruire ha molti aspetti negativi. Ci sono momenti noiosi, periodi in cui si ha l'impressione di non progredire di un passo. Poi c'è la tendenza ad essere completamente assorbiti dal costruire, al punto di dimenticare tutto il resto. Tutti i costruttori hanno problemi con mogli e fidanzate. Nel mio caso, addirittura, la fidanzata l'ho perduta... ma chissà, forse mi sono risparmiato un matrimonio sbagliato. In ogni caso, costruire aeroplani fa ormai parte della mia vita. La mia famiglia ha un'azienda agricola, ed ho potuto ricavare, in un tratto dei nostri terreni, una bella pista di 600 metri, su cui abbiamo organizzato un club e una scuola di volo. Il campo si chiama "Cielo Blu". Io mi occupo della manutenzione degli ULM e dell'assemblaggio di kit, anche per conto terzi. L'hobby è diventato una professione? Non esattamente. Assemblare kit non è precisamente un modo per guadagnare (provare per credere: segnatevi le ore e poi fate i conti), ma semmai un modo per costruire senza spendere, per arrotondare le entrate normali, niente di più. E la cosa più bella non è fare interamente il lavoro, ma assistere un altro costruttore, trasmettendogli la propria esperienza.