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Il Volo racconta...


Calanchi

Dal diario del colonnello pilota Mario Gertz
Mercoledì, 29 luglio 1924, ore 12.37

L’aeromobile V90 siglato I-GH76, al cui comando mi trovavo personalmente, è precipitato in un luogo imprecisato della zona dei Calanchi.
Il piano di volo prevedeva il decollo da Merty, il sorvolo dei Calanchi, e infine l’atterraggio a destinazione dopo sei ore.
Eravamo diretti a Frybur.

I danni al velivolo sono ingenti. L’elica quadripala è ripiegata su se stessa in due punti. Il tettuccio è completamente distrutto. Il carrello è fuori uso.
La radio di bordo non dà segni di vita. La fusoliera appare sostanzialmente integra ma l’ala destra non è più in sito. Mentre l’ala sinistra è squarciata e risulta tranciata a metà.

Quanto alla mia persona, a parte una lieve ferita alla gamba destra, sto bene. Posso muovermi e camminare.

Il tenente Gertz appare priva di ferite importanti. Ha il volto insanguinato a causa di una lacerazione esposta alla fronte. Nell’incidente la ragazza ha perso i sensi ed è rimasta svenuta per alcune ore. Quando è tornata in sé ha dato segni di amnesia retrograda e di confusione mentale.

La zona dell’impatto èè impervia. Il territorio è spettrale. Lo scenario è simile a quello di un deserto ed è privo di ogni forma di vita. Non si scorge neppure un filo d’erba.

Il velivolo giace in una strettissima gola circondata da cime alte e acuminate come guglie monumentali. Le creste dei calanchi, dell’altezza di parecchie centinaia di metri, appaiono sottili come lame di rasoio.

Non so come ci si possa muovere in questo inferno inospitale di roccia viva, le pareti di basalto sono lisce e nere come specchi.

Non disponiamo di viveri e l’acqua recuperata dal bagagliaio dell’aeromobile è contenuta in un’unica bottiglia termica di appena un litro.

Al momento non riesco a fare nessuna ragionevole ipotesi sulle possibili cause dell’incidente.
La bussola magnetica, poco prima dell’impatto, indicava una prua di 275°.

L’equipaggio è formato dal sottoscritto, colonnello pilota Mario Gertz, e dal tenente navigatore Hulja Gertz, mia figlia.
Siamo addestrati alla sopravvivenza.
Sto riflettendo per valutare la situazione.
Che Dio ci aiuti!

Colonnello pilota Mario Gertz

Le squadre di soccorso, giunte dopo diciassette giorni sul luogo dell’incidente, trovarono i due corpi abbracciati.
Il colonnello stringeva ancora tra le mani l’unica bottiglia termica in loro possesso, ormai vuota. Nel tentativo estremo di offrire, con quelle ultime gocce d’acqua, la vita alla sua Hulja.

Mario Trovarelli